A colloquio con l’avvocato Alberto Rizzo che ribadisce la necessità per tutti di una corretta formazione finanziaria
di Marisa Quaglia
Finito ufficialmente, anche se i contagi continuano, il periodo grigio della pandemia da Covid, possiamo tirare le somme anche su se e come sono cambiate le abitudini dei risparmiatori. Ne parliamo con l’avvocato braidese Alberto Rizzo, esperto di diritto bancario e postale, direttore generale dell’Accademia di educazione finanziaria presieduta da Beppe Ghisolfi.
Avvocato Rizzo, si sono registrati cambiamenti sulla percezione della sicurezza dei propri risparmi?
Parto da una considerazione scientifica. John Ioannidis, noto professore di medicina, di epidemiologia e salute della popolazione e di statistica e di scienza dei dati biomedici all’Università di Stanford, lodato per il campione di medicina basata sulle prove, è stato aspramente criticato negli ultimi due anni. La ragione per cui è finito sotto tiro è per aver messo in discussione l’ortodossia dei lockdown, obblighi vaccinali divisivi ed altre misure restrittive per gestire la pandemia. Ad inizio aprile, Ioannidis ha suscitato altre polemiche con un nuovo commento pubblicato sull’European Journal of Clinicial Investigation, in cui sostiene che è tempo di dichiarare la fine della pandemia COVID-19. Scrive: “Questo non significa che il problema sia inopportunamente minimizzato o dimenticato, ma che le nostre comunità vanno avanti con la vita. La preparazione alla pandemia dovrebbe essere attentamente pensata e pre-organizzata, ma non dovrebbe interrompere la vita”. Mentre Ioannidis riconosce che non ci sono definizioni quantitative per la fine di una pandemia come la COVID-19, sostiene al tempo che la quantità di immunità ora presente in tutto il mondo supera la soglia necessaria per dichiarare la SARS-CoV-2, il virus che causa la COVID-19, endemica – costantemente presente ma non un’emergenza di salute pubblica. “Entro la fine del 2021, probabilmente il 73-81% della popolazione mondiale era stato vaccinato, infettato o entrambi – riporta il Professore -. Sacche di bassa immunità, come nei luoghi che hanno perseguito politiche zero-COVID e/o con accesso limitato a vaccini efficaci, possono persistere, causando focolai regionali, ma probabilmente non vedremo mai più COVID-19 innescare un’emergenza globale. Dichiarare conclusa la fase pandemica di COVID-19 significa comprendere e accettare una nuova “normalità”. “Una diminuzione dei decessi da COVID-19 per tornare ai livelli tipici dell’influenza stagionale potrebbe non avvenire necessariamente nel 2022 o anche oltre”, avverte Ioannidis. “Con una popolazione globale che invecchia sempre di più, la “normalità” potrebbe ancora corrispondere a un numero maggiore di morti. Questo non dovrebbe essere scambiato come una fase pandemica continua”. Uscire dalla pandemia richiede anche un cambiamento mentale diffuso. Questo significa concentrarsi di più su indicatori come i ricoveri in terapia intensiva per guidare la politica, piuttosto che solo sulle infezioni e/o contagi che dir si voglia. “Se la percezione del rischio si concentra sul numero di casi documentati, la percezione spuria delle situazioni di emergenza può essere difficile da sedare”, sostiene ancora Ioannidis, secondo cui “dichiarare la fine della fase pandemica di COVID-19 ha dei vantaggi”. Per esempio, potrebbe consentire alle organizzazioni di salute pubblica di concentrare il loro tempo e denaro su problemi di salute globale più urgenti, come la cattiva alimentazione e la fame, che collettivamente causano la morte di 9 milioni di persone ogni anno, compresi 3,1 milioni di bambini. Per fare un confronto, almeno 6,2 milioni di persone sono morte a causa della COVID-19 negli ultimi due anni, la stragrande maggioranza sopra i 65 anni. Accettare l’endemicità, e ridurre le restrizioni e le interruzioni della società, permetterebbe anche alle economie di stabilizzarsi più rapidamente, alleviando le difficoltà, attenuando l’inflazione e riducendo la disuguaglianza globale. Infine, superare la pandemia potrebbe alleviare alcune delle divisioni politiche che hanno disgregato le società di tutto il mondo. Ciò non potrebbe non generare benefici effetti anche sulla percezione della sicurezza dei propri risparmi.
I dati mostrano carenze nel settore della informazione e della formazione finanziaria. Ma anche grande interesse. Emerge sempre più l’esigenza di un approccio concreto al risparmio, ed aumento il peso dei social network e l’importanza della collaborazione pubblico-privato. L’educazione finanziaria in Italia è in ritardo, ma ha il carburante per accelerare: si tratta, però, di un carburante che va sfruttato, utilizzando i canali giusti (a partire dai social network) e promuovendo un approccio basato su concretezza ed ascolto. I primi a riconoscere le proprie carenze in ambito economico-finanziario sono gli stessi cittadini. In uno studio recentemente condotto per la rivista specialistica BancaFinanza, che con-dirigo con il Professor Beppe Ghisolfi, soltanto l’11% afferma di avere un livello di conoscenza professionale ed il 20% “avanzato”. Il 33% lo definisce discreto e il 5% basso. In mezzo, però, c’è un 31% che riconosce un livello scadente ma esprime la volontà di migliorarlo. Questi dati confermano che solo una piccola fetta di popolazione si dice totalmente disinteressata. Esiste, invece, una platea molto ampia di individui che vorrebbero saperne di più, specie tra i risparmiatori che non hanno mai investito e tra gli studenti maggiorenni.Tuttavia, l’interesse medio per la finanza, gli investimenti e la borsa è basso. Solo il 27% lo definisce elevato. È un dato che aumenta con l’entità del patrimonio finanziario, arrivando al 52% tra chi ha investito più di 500 mila. Se ad un primo sguardo è una reazione comprensibile (più risorse investo, più da vicino intendo seguirle), si tratta in realtà di una distorsione. L’educazione finanziaria, infatti, dovrebbe essere un tema trasversale, prezioso anche (e in alcuni casi soprattutto) per chi ha risparmi limitati. I margini di miglioramento sono quindi ampi, come conferma la disposizione di chi non ha mai investito e degli studenti maggiorenni: uno su due è interessato alla finanza. C’è quindi una grande sacca di cittadini che comprendono la centralità dei temi finanziari ma non riescono a tradurli in competenze. La cultura finanziaria può diventare la chiave da impiegare per assicurare la prosperità e la sicurezza dei risparmiatori, soprattutto quando l’economia è colpita da shock profondi e inaspettati. L’ultima fatica editoriale del professor Beppe Ghisolfi, da poco uscito per i tipi della Aragno Edizioni, pone le basi per una costruzione fattiva di tale percorso, proprio a partire dal titolo: “ABBECEDARIO”: inutile, ma non ozioso, suggerirne l’acquisto e, soprattutto, la lettura!
Terminata la pandemia, ci siamo ritrovati di fronte ad un’altra tragedia: la guerra in Ucraina. Vista la vicinanza di questo conflitto e il bombardamento di informazioni, i cittadini italiani/braidesi hanno una diversa percezione dei propri risparmi, investimenti? Cercano soluzioni per tutelarsi? Chiedono informazioni su come la guerra possa influire sui propri denari?
Le rispondo partendo da lontano. Nello scorso mese di aprile ha fatto parecchio discutere il discorso che l’amministratore delegato del fondo di investimenti BlackRock, Larry Fink, ha rivolto ai soci. Si tratta di una lettera annuale che Fink ha inviato agli investitori, nella quale fa il punto sulla situazione geopolitica ed economica globale, accompagnata da alcune considerazioni sui profitti generati dalle scelte finanziarie operate dal fondo BlackRock. Occorre leggere molto attentamente il testo della lettera (https://www.blackrock.com/corporate/investor-relations/larry-fink-chairmans-letter), in cui Fink afferma chiaramente che la globalizzazione degli ultimi 30 anni è sostanzialmente giunta al suo termine e, successivamente, arriva chiaramente a parlare della sfida della de-globalizzazione. Le famiglie dell’alta finanza, quali i Rothschild ed i Rockefeller, sono perfettamente consapevoli che la stagione del mondo globale integrato è finita.
Nella fase della de-globalizzazione, gli Stati nazionali sono destinati a riconquistare i poteri perduti: la stessa infatti, si basa sul decentramento, sulla produzione locale e sulla responsabilizzazione. La globalizzazione, al contrario, ha fondato il proprio impianto sulla centralizzazione del potere economico e politico. Ha creato scarsità ed è stata dannosa per l’economia globale, a causa della creazione di uno sviluppo irregolare. La globalizzazione è stata particolarmente dannosa per l’economia mondiale: per decenni, infatti, ha vietato lo sviluppo ai paesi in via di sviluppo ed a quelli sottosviluppati. Ha promosso la produzione all’estero, sottraendo posti di lavoro domestici, ed ha altresì incoraggiato i paesi centrali a sfruttare le risorse nei paesi sottosviluppati.La globalizzazione rappresenta quel filo rosso che lega, in un qualche modo, le tre recenti crisi: finanziaria del 2008, pandemica nel 2020 e bellica del 2022. Questo fenomeno ha accresciuto enormemente il grado di interdipendenza sistemica dei vari paesi, favorito attraverso gli scambi e la specializzazione produttiva della crescita dell’economia mondiale, ma ha anche innescato l’emergere di squilibri economici, finanziari, sociali, ambientali e geopolitici per cui oggi, con sorpresa di molti ma non di tutti, ci viene presentato il conto. Ne parlo, diffusamente, in questo articolo, che invito tutti i lettori ad esaminare per comprendere le interrelazioni poste dalla sua domanda: https://avvocatoalbertorizzo.it/verso-la-fine-della-globalizzazione-e-del-bipolarismo/ Ritengo, infatti, che ci stiamo incamminando – sempre più velocemente – verso la fine della globalizzazione e del bipolarismo, ed analizzo quali modelli geopolitici ed economici potrebbero soppiantare le impalcature su cui si è retta la società occidentale negli ultimi 30 anni.
Visto un mondo così volubile e così soggetto ad eventi anche imprevisti come quelli che stiamo vivendo ormai da oltre due anni, quanto è importante la formazione finanziaria? E per avere una corretta formazione finanziaria come si può fare se una persona non è “del mestiere” e non mastica nulla di finanza, soprattutto per quanto concerne le nuove generazioni?
L’Italia è stata definita tra i paesi europei più “ingiusti” nei confronti delle nuove generazioni da “Save the Children Italia”. Si parla di “ingiustizia generazionale” perché la crisi ha colpito proprio i bambini. Non solo 1,384mila bambini in povertà assoluta (il dato più alto degli ultimi 15 anni) ma un bambino in Italia oggi ha il doppio delle probabilità di vivere in povertà assoluta rispetto ad un adulto, il triplo delle probabilità rispetto a chi ha più di 65 anni. In Italia la metà degli studenti è in condizione di dispersione scolastica implicita, definita come il mancato raggiungimento del livello minimo di competenze a 15 anni. La pandemia ha peggiorato significativamente la situazione che era già critica. Il deficit educativo può compromettere il futuro di bambini e adolescenti nel nostro Paese, ma già da ora la pandemia ha spinto nella povertà assoluta altri 200.000 bambini, per un totale di quasi 1milione 400mila minori. La povertà assoluta colpisce il 14,2% della popolazione sotto i 17 anni, rispetto al 9,1% tra i 35 e i 64 anni, e al 5,3% tra i 65enni e oltre, ed è una forbice tra le più ampie tra i paesi europei. I più colpiti sono gli studenti delle famiglie più povere, quelle che vivono al sud e quelle con background migratorio. In Sicilia, Campania, Calabria per 2 giovani occupati ce ne sono altri 3 che sono fuori dal lavoro, dalla formazione e dallo studio. Più di due milioni di giovani, ovvero 1 giovane su cinque fra i 15 e i 29 anni, è fuori da ogni percorso di scuola, formazione e lavoro. In 6 regioni, i Neet, giovani senza formazione e impiego, hanno superato i coetanei con un lavoro, sono 2 milioni in totale in Italia. Segnalo questo interessante
Per questi, e per altri approfondimenti, puoi iscriverti al canale Youtube dell’avvocato braidese Alberto Rizzo, specializzato in Diritto Bancario e Postale, nonché direttore generale dell’Accademia di Educazione Finanziaria, ente presieduto dal professor Beppe Ghisolfi, banchiere e scrittore internazionale: VISITA IL CANALE YOUTUBE