Secondo il Tribunale di Roma, i decreti che limitano le nostre libertà sono “viziati da molteplici profili di illegittimità” e per questo sono da annullare. Nel mirino della Magistratura sono finiti i Dpcm partoriti dal premier Conte che, da marzo, sta modificando le abitudini di vita degli italiani, per tentare di limitare la diffusione del coronavirus.
Pochi giorni fa, sul tema affrontato dall’ordinanza del Tribunale capitolino del 16 dicembre, era intervenuto il costituzionalista Sabino Cassese, il quale aveva bollato il decreto Natale come un vero e proprio “orrore giuridico”, ai cui autori va riservato “un apposito girone dell’inferno”.
Cassese, sul Messaggero, sottolineava come disposizioni tanto importanti, quanto fornite all’ultimo minuto, risultino un “infernale insieme di provvedimenti (formalmente) legislativi e (formalmente) amministrativi, ma tutti scritti dalle stesse mani, a Palazzo Chigi, con un intreccio tra norme (fonti del diritto) e provvedimenti amministrativi (atti di esecuzione delle norme), che genera una commistione non prevista dalla Costituzione”.
Ora è giunta la conferma per via giudiziaria.
Il governo sta agendo fuori dalle norme dello Stato democratico e sta dunque limitando le nostre libertà, violando le leggi.
Con l’aggravante che, stando allo studio del 18 dicembre della Johns Hopkins University, dai dati emerge come l’Italia sia il Paese al mondo con la più alta mortalità da coronavirus ogni 100mila abitanti: 111,23 decessi ogni 100mila abitanti; seguono la Spagna (104,39), il Regno Unito (99,49) e gli Stati Uniti (94,97).
Evidentemente i decreti del presidente del Consiglio sono serviti pure a poco.
Nel caso di specie, il Tribunale di Roma è stato chiamato ad esprimersi su un contenzioso in cui è finito un esercizio commerciale da sfrattare per morosità, a causa del mancato pagamento dei canoni di locazione, in ragione della chiusura imposta dai divieti conseguenti all’emergenza coronavirus.
Il Giudice romano è arrivato alla conclusione che i Dpcm “siano viziati da violazioni per difetto di motivazione” e “da molteplici profili di illegittimità”. Pertanto, in quanto tali, risultano essere “caducabili”: ovvero non producono effetti reali e concreti dal punto di vista giurisprudenziale e sono da annullare.
I decreti con cui è intervenuto il governo, è bene ricordarlo, non sono “di natura normativa” ma hanno semplice “natura amministrativa”: quindi dovrebbero fare riferimento a una legge già esistente.
Il Tribunale di Roma cita “tutti i Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale, Baldassarre, Marini, Cassese”. Viene anche spiegato che non vi è alcuna legge ordinaria “che attribuisce il potere al Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario”.
“Si tratta pertanto di provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 della Costituzione e con la disciplina dell’articolo 77 Costituzione, come rilevato da autorevole dottrina costituzionale”, viene ancora aggiunto nel provvedimento giurisdizionale.
Nei fatti, i Dpcm comprimono i diritti costituzionali e producono effetti reali sulle persone e le loro attività, costretti a chiudere, come nel caso oggetto dell’ordinanza, per l’azione di controllo delle Forze dell’ordine.
Insomma, il giudice romano sostiene che “i DPCM hanno imposto la compressione dei diritti fondamentali degli Italiani in palese violazione della Carta Costituzionale”.
Nel verbale dell’ordinanza (RG 45986/2020) del 16 dicembre 2020, si legge: “Anche i DPCM che disciplinano la cd. Fase 2 sono, ad avviso di questo giudicante, di dubbi costituzionalità poiché hanno imposto una rinnovazione delle limitazioni dei diritti di libertà che avrebbe invece richiesto un ulteriore passaggio in Parlamento diverso rispetto a quello che si è avuto per la conversione del decreto “Io resto a casa” e del “Cura Italia”.
Inoltre, per essere validi i Dpcm, come atti amministrativi, devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3 della legge 241/1990. Alla base di ogni decisione è sempre stato citato il Comitato tecnico-scientifico, le cui analisi – spiega il giudice – sono state secretate per diverso tempo e sono state rese pubbliche solamente a ridosso delle scadenze dei Dpcm stessi: “Ritardo tale da non consentire l’attivazione di una tutela giurisdizionale”.
In questo giorno di Natale, dopo aver rispettato il più possibile la legge, si penserà alla soluzione: mandare via quegli oscuri personaggi che scrivono norme più oscure di loro e sostituirli con qualcuno che conosca l’italiano e sappia esprimersi, rispettando le Libertà e le Garanzie fondamentali della nostra Carta Costituzionale.
Questo l’augurio più sincero a tutti gli affezionati lettori!
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