Il Collegio di Torino dell’A.B.F. ha riconosciuto il diritto ad ottenere le somme riportate nella tabella collocata nel retro dei buoni delle serie “O/Q/P” e “Q/P”, per oltre 98.000 euro.
I casi sottoposti all’esame dell’Arbitro
Due titolari di sei buoni, rispettivamente, delle serie “O/Q/P” e “Q/P”, emessi dal 22 novembre del 1986 al 18 settembre del 1989, dal valore oscillante tra 1.000.000 e 5.000.000 di Lire, si erano visti rifiutare le richieste di riconoscimento degli interessi riportati nel retro degli stessi, a causa di una modifica dei rendimenti avvenuta prima della loro sottoscrizione, e di un timbro che Poste aveva apposto sopra le tabelle, che riportavano i tassi di interesse.
Il contenuto delle decisioni sui buoni della serie “O/Q/P” e “Q/P”
Con queste pronunce, il Collegio di Torino dell’Arbitro ha sancito la prevalenza di quanto riportato sui buoni delle serie “O/Q/P” e “Q/P”, rispetto alle modifiche introdotte con decreto ministeriale, in epoca precedente alla firma degli stessi, senza che a nulla valesse il timbro collocato da Poste.
Quest’ultimo, infatti, stabiliva gli interessi dovuti soltanto per i primi venti anni di validità dei buoni, non stabilendo nulla per gli interessi da pagare in favore dei due titolari per gli ultimi dieci anni.
I casi affrontati dall’Arbitro
Con queste pronunce, Poste Italiane è stata condannata a rimborsare i due titolari dei sei buoni, assistiti dall’Avvocato braidese Alberto Rizzo, Giurista esperto nella materia del diritto bancario e postale (https://avvocatoalbertorizzo.it/video/), gli interessi previsti per gli ultimi dieci anni, e non quelli inizialmente pagati dall’intermediario.
In tal modo i risparmiatori sono riusciti a farsi riconoscere oltre 98.000,00 euro in più rispetto a quanto voleva inizialmente corrispondere Poste.
La soluzione sui buoni delle serie “O/Q/P” e “Q/P”
Si tratta di due decisioni che confermano la possibilità, per le migliaia di titolari dei buoni delle serie “O/Q/P” e “Q/P”, di ottenere ciò che legittimamente compete loro.
In questo periodo, infatti, decorsi i trent’anni dall’emissione, moltissimi risparmiatori vanno negli uffici postali e, non consapevoli dei loro diritti, si vedono attribuire importi inferiori rispetto ai rendimenti previsti nei titoli.
A questo proposito è necessario che ogni possessore di buoni postali, emessi dopo il giugno del 1986, li faccia esaminare per stabilire se ha diritto a farsi corrispondere un importo maggiore rispetto a quanto conteggiato da Poste.
E questo anche se il titolo è già stato incassato: l’importante è che non siano decorsi oltre dieci anni da questo momento.
investireoggi.it del 13 settembre 2021
Per questi, e per altri approfondimenti, puoi iscriverti al canale Youtube dell’avvocato braidese Alberto Rizzo, specializzato in Diritto Bancario e Postale, nonché direttore generale dell’Accademia di Educazione Finanziaria, ente presieduto dal professor Beppe Ghisolfi, banchiere e scrittore internazionale: VISITA IL CANALE YOUTUBE