L’attuale classe politica in cosa si differenzia da quella che ha portato alla fine della Prima Repubblica?
Lasciamo, per il momento, sospeso ogni giudizio sul passato e rivolgiamo lo sguardo al presente.
Ci troviamo di fronte ad una classe politica emotiva, umorale e isterica.
Parliamo di una dimensione inesplorata nei vizi e nei difetti dei nostri governanti, ai quali si addebita quasi sempre, come colpa principale, se non esclusiva, quella di essere incapaci ed incompetenti.
In realtà, se ci pensiamo bene, la loro tara più rilevante è un’altra.
Per capirla, basta ripercorrere alcune delle decisioni e reazioni “politiche”, adottate dall’inizio della crisi sanitaria ad oggi.
Agli esordi – quando sarebbe stato indice di logico, prudente e lungimirante “buongoverno” chiudere se non tutto, almeno abbastanza – il governo ha spalancato le porte. Perché? Perché di cuore, di pancia, d’istinto fare altrimenti avrebbe significato alimentare il razzismo.
Quando poi l’emergenza è passata – e l’esperienza fatta, le conoscenze accumulate, le evidenze scientifiche suggerivano di allentare la pressione – i nostri governanti hanno spinto sull’acceleratore del panico: perimetrazioni sociali rigidissime, proposte di trattamenti sanitari obbligatori, feticismo della mascherina.
Perché?
Perché di cuore, di pancia, d’istinto, essi hanno “sentito” che era giusto sacrificare qualsiasi diritto costituzionale sull’altare di un nuovo totem: “LA SALUTE”, dimenticando il pur necessario bilanciamento dei valori costituzionali da adottare in tutte le adozione delle decisioni pubbliche.
Dopo che, per inciso, la sanità pubblica l’avevano rottamata nel ventennio precedente.
Facciamo una sintesi. Come potremmo definire, nel complesso, questi atteggiamenti?
C’è una sola parola adeguata: “isteria”. Intesa come insieme di “reazioni esagerate e paradossali agli stimoli emotivi”.
E c’è un motivo ben preciso se siamo arrivati a questo punto. Da decenni, il nostro sistema mediatico, promuove un modello “educativo” in cui la fanno da padrone proprio il cuore, le emozioni, i sentimenti, dove l’unico comandamento è “non reprimere le emozioni” ed “esprimere i sentimenti”.
A seguire, la virtù della tradizione occidentale – e cioè la troppo classica “ragione” – finisce sistematicamente nel cestino delle “buone cose di pessimo gusto”, su cui discettava Guido Gozzano.
Questo processo è stato colpevolmente assecondato dai partiti tradizionali, attraverso la rinuncia alle famose “scuole” politiche. Dalle quali uscivano dei veri e propri giganti, sotto il profilo culturale ed intellettuale, rispetto agli gnomi attuali.
Gnomi geneticamente “disabilitati” ad un uso abituale e proficuo del più prezioso degli organi: la testa.
E sempre più portati a decidere, istericamente, in base a stereotipi emotivi, o a luoghi comuni, “correttissimi”.
Insomma, costoro vanno sempre dove li porta il cuore. Ma mai dove noi vorremmo e dove suggerirebbe la testa!