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Attività professionaleI buoni fruttiferi postali ed il tasso d’interesse applicabile

3 Marzo 2019

L’art. 47 della nostra Carta costituzionale, reduce dall’aver compiuto l’anno scorso settant’anni, afferma come la Repubblica incoraggi e tuteli il risparmio in tutte le sue forme. Nondimeno, proprio in questo inizio d’anno, sono scaduti – o risultano ormai prossimi alla scadenza – molti buoni fruttiferi di durata trentennale, emessi nel corso degli anni ’80 e per i quali Poste Italiane si fa oggi lecita di non corrispondere l’intero ammontare degli interessi maturati dal momento della loro sottoscrizione.

Dopo l’emissione delle serie di buoni denominate rispettivamente “O” (1981) e “P” (1984), con Decreto ministeriale del 13 Giugno 1986, il Tesoro istituiva infatti la nuova serie “Q”, caratterizzata da un tasso d’interesse inferiore rispetto a quello delle serie antecedenti. Tale tasso, in forza di una contrastata applicazione della norma di cui all’art. 173, comma 1, del Codice postale (D.P.R. 156/1973), veniva retroattivamente esteso anche ai buoni sottoscritti in precedenza, disponendo nei fatti un peggioramento delle condizioni economiche dell’affido, a tutto svantaggio dei Risparmiatori.

Inoltre, per quanto concerne i buoni della serie “Q”, la previsione (al ribasso) dei nuovi tassi d’interesse non trovava corrispondenza con quanto riportato sul retro dei buoni fruttiferi stessi, ove le tabelle recavano ancora i rendimenti associati alle serie precedenti.

 

Intervista all’Avv. Alberto Rizzo, Giurista Esperto di Diritto Bancario e Finanziario: «I rendimenti sono integralmente esigibili».

 

Questo fatto, dovuto alla (censurabile) pratica degli uffici postali di utilizzare moduli obsoleti, in quanto non aggiornati rispetto alla normativa vigente al momento della sottoscrizione, ha determinato un sostanziale scenario di asimmetria informativa nel settore del credito postale, fondando le legittime richieste dei Risparmiatori nel reclamare la totalità della somma in origine documentalmente pattuita.

La tematica si configura di preminente rilevanza e centralità, considerata la capillare diffusione che i buoni fruttiferi postali hanno avuto nel corso del tempo e, dunque, il cospicuo numero di Risparmiatori potenzialmente coinvolti.

Quale sia l’attuale stato dell’arte, alla luce dei pronunciamenti giurisprudenziali in materia, lo chiediamo all’Avvocato braidese Alberto Rizzo, Giurista Esperto di Diritto Bancario e Finanziario, Relatore in seno a prestigiosi convegni nazionali e internazionali, nonché Coordinatore editoriale di BancaFinanza.

“La Giurisprudenza deve essere inserita in un contesto e Lei prima ha citato l’art. 47 della Costituzione: ebbene, nel caso di specie, il contesto è quello di una moltitudine di Risparmiatori interessati. Desidero rimarcarlo anch’io poiché, in ragione della pronta liquidazione dell’investimento e della percepita redditività dello stesso, i buoni fruttiferi postali hanno sempre goduto di notevole favore fra gli Italiani, rappresentando un rifugio alternativo per i loro risparmi.
Sul punto, in merito alla questione della prevalenza fra le condizioni riportate sul retro dei buoni e quelle previste dai Decreti ministeriali istitutivi dei buoni stessi, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono già espresse con sentenza n. 13979 del 2007, ritenendo che l’affidamento dei Risparmiatori debba prevalere sui precetti regolamentari e, quindi, affermando il loro diritto nell’esigere l’integralità del rendimento previsto dal buono. A seguito di un ricorso promosso da Poste Italiane, con la recente ordinanza di rimessione n. 21543 dell’Agosto 2018, il giudizio sui buoni fruttiferi postali è stato nuovamente incardinato di fronte la Corte di Cassazione. Con l’Ordinanza redatta dal Relatore Dolmetta (Presidente Cristiano), è stata infatti rimessa alle sezioni Unite la questione di massima particolare importanza se la riduzione del tasso di interesse sui Buoni Postali fruttiferi possa essere disposta in via unilaterale mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto ministeriale che la dispone (il Ministro disporrebbe, quindi, al riguardo di un vero e proprio potere discrezionale di modifica unilaterale delle condizioni economiche dell’investimento) oppure, affinché l’applicazione del nuovo tasso sia efficacie, occorra che il risparmiatore sia informato mettendo a sua disposizione presso gli uffici postali le tabelle riportanti i nuovi tassi”.

Quindi l’atteggiamento di Poste Italiane si pone in contrasto con la giurisprudenza precedente. Avvocato, potrebbe per cortesia illustrarci un caso pratico di contenzioso?
“Certamente: trattasi di due soggetti – madre e figlio – residenti nel Roero. Per dei buoni fruttiferi postali sottoscritti nel 1987 dal defunto marito e padre, da questo lasciati in eredità ai congiunti, Poste si rifiutava di versare loro gli interessi previsti alla scadenza, pari a oltre 52.000 euro. La somma offerta ammontava, invece, a soli 33.000 euro – poco più del 60% del dovuto – in ragione, secondo Poste, dell’applicabilità delle modifiche ai tassi introdotte con Decreto ministeriale nel Giugno 1986”.

Qual è stato l’epilogo di questa vicenda specifica?
“I due Risparmiatori si sono rivolti al mio Studio Legale. Esaminato il caso, si è deciso d’interpellare l’Arbitro Bancario Finanziario: alla fine, Poste Italiane è risultata soccombente, dovendo quindi versare agli eredi il totale del rendimento specificato sul deposito. Nel merito, risulta di fondamentale importanza che tutti i possessori di buoni fruttiferi postali – scaduti oppure prossimi alla scadenza – siano ben consci dei loro diritti, onde non vedersi negare guadagni altrimenti legittimi. Il consiglio è quello di rivolgersi a Professionisti qualificati ed esperti in materia di tutela del risparmio, così da far loro valutare la tipologia di buoni sottoscritti e l’esigibilità dei tassi riportati sui medesimi”.

In questo caso, Avvocato, credo che un ausilio dovrebbe provenire anche dal mondo dell’informazione, con i media (stampa, televisioni, internet) impegnati a diffondere e render nota una tematica che – riguardando il risparmio delle Famiglie – mai come oggi meriterebbe assoluta centralità.
“Mi trova perfettamente d’accordo. Questi argomenti, lungi dal sembrare specialistici, devono trovare la più vasta eco possibile, tanto a livello locale quanto su scala nazionale. La tutela ed il rispetto del risparmio riguardano tutti, costituendo l’ossatura stessa di un Paese che voglia dirsi solido e competitivo. Ricordo in proposito un fulgido scritto del Presidente Luigi Einaudi (mio conterraneo in Provincia di Cuneo) che, non a caso, dopo la tragedia del secondo conflitto mondiale, titolava un suo articolo “Il Paese salvato dal risparmio”. Sarà così anche in futuro”.

Avvocato Alberto Rizzo, tornando alla Giurisprudenza, può illustrarci su quali argomentazioni si fonda l’opposizione di Poste Italiane?
“In punto di dibattito, l’obiezione si rifà proprio al disposto dell’art. 173, comma 1, del Codice postale, promulgato nel 1973 e a cui il Decreto ministeriale istitutivo della serie “Q” dei buoni si richiama. Esso, secondo l’interpretazione di Poste, integrerebbe automaticamente il regolamento di emissione dei singoli buoni, determinando il contenuto disciplinare del contratto di sottoscrizione, anche nel caso di una modifica dei tassi d’interesse sfavorevole per l’investitore. In pratica, la pubblicazione del Decreto in Gazzetta Ufficiale costituirebbe condizione sufficiente per legittimare la variazione, in peggio, delle condizioni economiche del deposito”.

Avverso questa tesi, qual è invece l’orientamento seguito da chi – come Lei – rappresenta e difende i sottoscrittori dei buoni?
“Da una parte, le argomentazioni addotte da Poste contrastano con le norme di tutela del Risparmiatore, per le quali si prevede che esso sia adeguatamente informato dall’emittente in merito all’eventuale modifica delle condizioni contrattuali. È illegittimo basarsi sulla sola eventualità che i singoli consultino la Gazzetta Ufficiale: infatti, l’applicazione dei nuovi tassi d’interesse richiede che le tabelle con i saggi aggiornati siano effettivamente disponibili presso gli uffici postali, circostanza questa la cui prova spetta a Poste. In secondo luogo, nessuna modifica unilaterale delle condizioni economiche del contratto (di cui al citato articolo 173, Codice postale) è ammissibile senza che ne venga data apposita previsione già nel contratto stesso. L’integrazione automatica sarebbe applicabile solo in ragione della specifica tutela della parte debole del rapporto, dunque del Risparmiatore. Ipotesi che è l’esatto opposto di quanto si configura nel caso di specie”.

Ancora una domanda Avvocato Alberto Rizzo. Per chi avesse già chiesto il rimborso dei buoni postali scaduti, magari tre o quattro anni fa, ci sono ancora possibilità di tutela legale?
“Certamente sì. E’ opportuno, infatti, far luce su casi che – nella pratica quotidiana – si presentano con diffusione. In queste ipotesi, chi ha già provveduto alla riscossione dei buoni, qualora non abbia conservato la copia fronte–retro di tutti i titoli incassati, potrà recarsi presso l’Ufficio postale che aveva provveduto al rimborso. Qui – compilando un apposito modulo, messo a disposizione dagli uffici – deve dettagliare la tipologia dei buoni e le loro scadenze, firmando e chiedendo che Poste apponga un timbro di avvenuta ricezione. Generalmente, nel giro di qualche tempo, e con l’indicazione dei costi necessari alle spese di ricerca e riproduzione, l’emittente produce la documentazione richiesta, insieme agli importi incassati. Qualora ciò non dovesse succedere, si potrà formalizzare prima un reclamo finanziario e, se anche questo atto non dovesse sortire effetti, un ricorso all’Arbitro Bancario e Finanziario. Importante, al riguardo, è tenere presente che la richiesta di rimborso integrale si estende fino a dieci anni addietro rispetto all’avvenuto rimborso (parziale) dei buoni. Quindi, vi sono ampie ed estese forme di tutela anche per quei risparmiatori che abbiano già provveduto all’incasso dei titoli”.

Grazie per la chiarezza Avvocato Alberto Rizzo. Il Suo pionieristico contributo ha acceso i riflettori su questa fondamentale questione: ci auguriamo che l’acquisita consapevolezza dei propri diritti sia da stimolo per una sempre più attenta ed efficace cura e tutela del risparmio.

intervista a cura di Sara Garino

 

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Il Corriere, 03 marzo 2019

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