Inauguriamo questa settimana una rubrica che da tempo ci è stata sollecitata dai lettori stessi, vale a dire una sorta di “manuale” settimanale secondo lo stile di Beppe Ghisolfi. Assieme al banchiere scrittore ci risponde anche l’avvocato Alberto Rizzo.
Prof. Beppe Ghisolfi, quali insegnamenti si possono trarre dalle parole del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, contenute nelle Considerazioni finali dello scorso 29 maggio?
“La fotografia scattata da Ignazio Visco nelle relazione sullo stato dell’economia italiana è tanto nitida quanto choccante. Le cifre sono agghiaccianti: la decrescita del Prodotto Interno Lordo, che convenzionalmente misura la ricchezza del Paese, è traumatica quanto basta. Anche la disamina effettuata alla Camera dal Professor Silvio Brusaferro lascia poco spazio alle illusioni: la “seconda ondata” del virus ha un indice di probabilità elevato. Personalmente, tuttavia, ritengo che sia tutto da dimostrare che in autunno il virus tornerà minaccioso. Anche se fosse, non ci troveremmo impreparati, perché ora conosciamo molto più del virus, e molto di più delle cure: siamo anche più attrezzati a livello territoriale ed ospedaliero. Per capire dove stiamo andando, comunque, è necessario sovrapporre le due immagini. Il quadro che ne viene fuori spiega che la pandemia non è stata ancora debellata ed ha prodotto conseguenze micidiali sul tessuto economico – sociale del Paese. E’ inutile farsi illusioni. Se, come dice il Governatore di Bankitalia, le diseguaglianze sono destinate a crescere, significa che i prossimi mesi saranno i più difficili e che le tensioni nel cuore profondo del Paese possono diventare gigantesche, con riflessi sull’ordine pubblico”.
Più che caldo, l’autunno che si avvicina sarà incandescente: come lo immagina, Avvocato Alberto Rizzo?
“Non saranno sufficienti i bonus, gli aiuti, le sovvenzioni seppur necessarie, perché prima di filosofeggiare bisogna vivere e, oggi, troppe persone rasentano il livello della sussistenza. Serve, nel linguaggio di Visco, “una rottura rispetto all’esperienza storica più recente”. Tradotto significa riprendere a crescere, condizione che l’Italia ha abbandonato da decenni. Per crescere occorre – come continua a ripetere il Prof. Ghisolfi da mesi, in tutte le numerose presenze che annovera sulle reti nazionali televisive e sui principali quotidiani del Paese – ridimensionare la burocrazia, aumentare la produttività e l’occupazione. Soprattutto occorre un piano d’azione al tempo stesso realistico e stimolante, e la fiducia per attuarlo. Queste condizioni, inutile girarci attorno, oggi ancora mancano. Manca la lungimiranza che poi, temporalmente, è ridotta ad una manciata di mesi”.
Ma Prof. Ghisolfi, cosa si intende per “crescita”?
“Ecco il punto: la crescita del Paese non è solo materia fatta di grafici e diagrammi. Prima di essere economica, deve impregnarsi di cultura. La cultura della crescita è quell’insieme di competenza, capacità, conoscenza, visione che – se ben amalgamato – può diventare il cemento su cui costruire il futuro. E’ in questa direzione che bisogna impegnarsi ad andare. L’inaridimento del confronto ideale per stabilire le ricette più consone al rilancio, e la competizione non per individuare le soluzioni più giuste bensì per spartirsi quel poco di bottino che è rimasto, sono due zavorre che ci portano a fondo. Possiamo salvarci solo se lo capiamo per tempo. E di tempo non ne abbiamo più molto”.