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Cultura CivicaUn Paese violentato

13 Novembre 2020

L’utilizzo smodato dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sta mettendo in ginocchio l’Italia

 

A distanza di pochi giorni il Governo ha emanato gli ennesimi D.P.C.M.: prima, il 24 ottobre, per limitare fortemente l’operatività – soprattutto in termini di aperture e dei relativi orari – di moltissime attività e poi, il 3 novembre, per (ri)chiudere intere zone del territorio nazionale, tra cui la nostra Regione.
La questione ha sollevato un fiume di interrogativi e di fortissimi malumori, tra gli operatori economici e sociali coinvolti dai provvedimenti, nonché tra gli stessi cittadini, che si sentono ingiustamente ed immotivatamente rinchiusi in casa e privati delle loro libertà fondamentali.
Ne abbiamo parlato con l’Avvocato braidese Alberto Rizzo, Cassazionista e Direttore Generale dell’Accademia di Educazione Finanziaria, che ha formulato alcune osservazioni in merito alla legittimità di questi interventi.

L’Italia è stata nuovamente costretta a ritarare le proprie abitudini dallo scorso 26 ottobre, quando è entrato in vigore il nuovo D.P.C.M. firmato da Conte. Le principali limitazioni riguardavano bar e ristoranti, che dovevano chiudere alle 18.00. Ma anche palestre, piscine, teatri, attività culturali e ricreative di vario genere, dovevano cessare temporaneamente la propria operatività.
Il 6 novembre, poi, la Regione Piemonte è stata classificata nella zona rossa, e sottoposta ad un nuovo lockdown, questa volta applicato a macchia di leopardo su scala nazionale, diversificato sulla base di una serie di indicatori medici.
Unica certezza è che procurerà immensi danni economici ad un Paese già profondamente segnato dalla “reclusione” di marzo-aprile e dalla crisi economica ferocemente in atto.

Ma se otto mesi fa il popolo aveva seguito ed avallato in tutto e per tutto la linea di Conte, stavolta potrà essere diverso. Da una quindicina di giorni decine di migliaia di ristoratori, baristi e partite Iva sono scesi in piazza per protestare con forza contro il governo, che prima ha imposto loro regole protocollari assurde – ma ugualmente rispettate – e poi li ha fatti chiudere di nuovo. Ora le ulteriori misure restrittive vengono estese anche ad altre categorie, con rigide chiusure di intere quattro Regioni.
Stavolta, a differenza di marzo, manca tuttavia “l’effetto sorpresa”: in otto mesi il governo non ha potenziato adeguatamente il servizio sanitario nazionale, rendendo ora necessarie nuove chiusure, litigando tra maggio e luglio su come sperperare i soldi​ (monopattini e banchi a rotelle).
Un vortice di totale idiozia scaricata per la seconda volta su famiglie, partite Iva e imprese, non supportata da evidenze scientifiche, che dimostra solamente l’impreparazione del governo a fronteggiare la tanto preannunciata fase due, nonostante ben sei mesi di tempo per mettere in sicurezza il Paese.

A far discutere però, oltre le misure che sono state applicate, è il tipo di strumento con il quale si è deciso di procedere.
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, semplice atto amministrativo firmato da Giuseppe Conte, torna nuovamente al centro dell’attenzione, in quanto strumento della cui legittimità moltissimi giuristi e commentatori si trovano fortemente a dubitare.
Infatti, qual è criterio in forza del quale Conte decide che un centro estetico, una palestra o un ristorante si deve chiudere, mentre un barbiere o una pasticceria possono rimanere aperti?

I DPCM secondo l'avv. Alberto Rizzo

Avv. Alberto Rizzo

 

Tale criterio semplicemente non esiste. Non viene spiegato, né tantomeno motivato.
La decisione politica, nel nostro Paese, la può assumere solo chi è stato eletto.
Inoltre, nel testo, si adottano termini che sono proprio del D.P.C.M., come la raccomandazione, perché il Presidente del Consiglio può fare solo raccomandazioni, e non può sostituirsi al Decreto Legge, non può emanare norme imperative.

I lettori sanno che, fino a quando si tratta di forti raccomandazioni, sono liberi e possono fare tutto quello che vogliono
Sul resto, invece, il decreto è palesemente illegittimo. Va oltre i poteri dell’autorità che lo ha emanato. Non si possono scrivere norme immotivate e contraddittorie.
I ristoratori (tanto per citare una delle categorie più colpite), qualora facessero ricorso per ragioni di stretto diritto, avrebbero altissime possibilità di veder immediatamente annullato il D.P.C.M., dal giudice competente, che è il Tribunale Amministrativo per il Lazio.
Si tratta, infatti, di impugnare un semplice atto amministrativo, non una legge o un atto avente forza di legge, poiché la motivazione deve sempre essere espressa, altrimenti l’atto è illegittimo.
Entrambi i D.P.C.M. costituiscono un insulto all’intelligenza altrui.

Chi oggi si mobilita per difendere il suo diritto al lavoro l’ha capito, e se si mobilita fa bene.

E faremo bene a mobilitarci in tanti, anche nel nome di quella cultura e di quell’istruzione che sono di inestimabile sostegno e di indispensabile nutrimento all’intelligenza di cui sopra, individuale e collettiva.
Al riguardo, si segnala che il sindaco di Pontinvrea, piccolo comune del Savonese, ha recentemente firmato un’ordinanza, la quale permette di tenere aperte le attività di bar e ristoranti sul territorio comunale fino alle 23.
L’ordinanza è volta a disattendere il D.P.C.M. del 24 ottobre per due motivi principali.
Il primo perché il decreto presenta profili di incostituzionalità, con evidente violazione dell’inviolabilità della libertà personale. Il secondo perché non ci sono dati scientifici che provino che nei ristoranti e nei bar dopo le 18 si possa contrarre il virus del Covid-19.

 

 

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Idea, 12 novembre 2020

 

Per questi, e per altri approfondimenti, puoi iscriverti al canale Youtube dell’avvocato braidese Alberto Rizzo, specializzato in Diritto Bancario e Postale, nonché direttore generale dell’Accademia di Educazione Finanziaria, ente presieduto dal professor Beppe Ghisolfi, banchiere e scrittore internazionale: VISITA IL CANALE YOUTUBE

 

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