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Rassegna stampaRisparmiatori recuperano 45mila euro da Poste Italiane

22 Ottobre 2020

Importante provvedimento del Collegio di Torino dell’Arbitro Bancario che ha sancito il diritto di quattro risparmiatori residenti a Trezzo Tinella, cointestatari di tre buoni postali fruttiferi, a riscuotere gli importi riportati nella tabella posta nel retro degli stessi, pari a circa 97.000 euro, e non gli importi inferiori riconosciuti da Poste, pari a soli 50.000 euro.

 

I risparmiatori, titolari di buoni emessi a settembre del 1986 e maggio del 1988, si erano visti respingere le proprie richieste di riconoscimento degli interessi riportati nel retro dei buoni, a causa di una modifica dei rendimenti avvenuta nel 1986, prima che loro lo sottoscrivessero, e di un timbro che Poste aveva apposto sopra la tabella con i rendimenti dei buoni.

La decisione del Collegio di Torino ha affermato la prevalenza di quanto riportato sui buoni fruttiferi, rispetto alle modifiche apportate con decreto ministeriale in epoca antecedente alla sottoscrizione dei buoni, e senza che a nulla valesse, a tal fine, il timbro apposto da Poste.
Questo perché il timbro prevede gli interessi dovuti esclusivamente per i primi venti anni di validità del titolo non dicendo nulla per gli interessi da corrispondersi in favore dei risparmiatori per gli ultimi dieci anni.

Con questo provvedimento Poste Italiane è stata condannata a rimborsare ai risparmiatori, assistiti dall’Avvocato braidese Alberto Rizzo, gli interessi previsti sui propri buoni per gli ultimi dieci anni di validità dei titoli, e non quelli inizialmente riconosciuti da Poste Italiane.
In tal modo, vi è stato un riconoscimento di oltre 45.000,00 euro, rispetto a quanto voleva corrispondere Poste.

Si tratta di un’importante decisione per le migliaia di titolari di buoni postali che in questi anni, decorsi i trent’anni dalla sottoscrizione, si recano presso gli uffici postali e che ignari dei propri diritti, si vedono riconoscere importi inferiori rispetto ai rendimenti previsti nel buono.
“A tal fine è opportuno – dichiara Alberto Rizzo – che ogni persona in possesso di un buono emesso dopo il giugno del 1986 faccia esaminare lo stesso, per capire se ha diritto a farsi corrispondere un importo maggiore rispetto a quanto determinato da Poste e ciò anche se il buono è già stato incassato, purché non siano decorsi oltre dieci anni da tale momento”.

 

 

 

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Gazzetta d’Alba, 20 ottobre 2019

 

 

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