Il Dubbio pubblica un mio contributo sulla recente decisione del Consiglio d’Europa. Gli italiani finalmente hanno un’arma giuridica internazionale per difendersi dalle violazioni delle proprie libertà e dei propri diritti fondamentali, contro le misure di prevenzione liberticide imposte dal Governo Conte.
Il Consiglio d’Europa (CdE) è un’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa. Fondato il 5 maggio 1949 con il Trattato di Londra, conta oggi 47 stati membri, di cui 27 fanno parte dell’Unione Europea: la sede istituzionale è a Strasburgo, in Francia, nel Palazzo d’Europa.
I principali organi del Consiglio sono il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, il Segretario generale del Consiglio d’Europa, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ed il Congresso dei poteri locali e regionali.
Lo strumento principale d’azione consiste nel predisporre, e favorire, la stipulazione di accordi o convenzioni internazionali tra gli Stati membri e, spesso, anche fra Stati terzi; le iniziative del Consiglio d’Europa non sono vincolanti e vanno ratificate dagli Stati membri.
Tra le sue principali finalità vi è quella relativa alla tutela dei diritti dell’uomo, della democrazia parlamentare e della garanzia del primato del diritto.
In seguito alla denuncia presentata alla Segretaria Generale del Consiglio d’Europa, da parte dell’Osservatorio per la Legalità Costituzionale, istituito presso il Comitato Popolare per la difesa dei beni pubblici e comuni Stefano Rodotà – composto da giuristi, avvocati, e professori universitari in discipline giuridiche, tra cui il Prof. Ugo Mattei dell’Università di Torino -, è giunta nella corrente settimana la decisione in merito alle gravi violazioni dei diritti e delle libertà individuali garantite dalla Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), commesse dallo Stato Italiano durante la crisi sanitaria da COVID-19.
Tutto nasce dall’esposto alla Segretaria Generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, relativo alle violazioni non previamente notificate dal Governo italiano durante il lockdown, come invece previsto ai sensi della CEDU.
Il mancato rispetto dell’articolo 15 della Convenzione, infatti, imponeva la previa notifica della sospensione dei diritti fondamentali da parte del Governo italiano al Consiglio Europeo.
Di qui, la decisione che ha condotto il Consiglio di Strasburgo ad imporre al nostro Paese il rispetto della stessa Convenzione.
Da oggi, pertanto, gli italiani finalmente hanno un’arma giuridica internazionale per difendersi dalle violazioni delle proprie libertà e dei propri diritti fondamentali, in conseguenza delle misure di prevenzione liberticide imposte dal Governo Conte, attraverso i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.).
La Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo, non essendo stata sospesa, resta vigente anche durante l’emergenza sanitaria, dando la possibilità agli italiani di chiederne l’applicazione e, quindi, di ricorrere contro le gravi violazioni perpetrate da parte del Governo italiano.
La Segretaria Generale del Consiglio d’Europa ha dichiarato la piena vigenza della CEDU e ciò conferisce piena giurisdizione alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.
Come noto, si tratta del Tribunale internazionale con sede a Strasburgo, in Francia. La Corte si compone di un numero di giudici pari a quello degli Stati membri del Consiglio d’Europa che hanno ratificato la CEDU.
Ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppi di privati che ritengano di essere stato vittima di una violazione da parte dello Stato di uno dei diritti e delle garanzie riconosciuti dalla CEDU, o dai suoi protocolli, può presentare ricorso davanti alla Corte Europea.
Quest’ultima può essere adita per tutte le fattispecie che si sono create in fase di emergenza COVID-19, tramite ricorsi diretti alla tutela internazionale per il diritto alla vita, il diritto alla libertà, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, delle libertà di pensiero, coscienza, religione, espressione, riunione ed associazione, il divieto di discriminazione, il divieto di abuso dei diritti.
Nel concreto, e solo per citare alcune fattispecie concrete, queste spaziano dalla imposizione forzata della mascherina tramite D.P.C.M. (trattandosi di norme di secondo livello) alle ordinanze regionali (trattandosi di mere norme amministrative), le quali non contraddicono soltanto il Decreto Legge 125/2020, l’articolo 85 del T.U.L.P.S. e la Legge 152/1975, ma anche la Legge 848/1955, la Legge 881/1977 e la Legge 145/2001, trattandosi tutte norme di primo grado nella gerarchia delle fonti del Diritto.
In disparte ogni considerazione sugli aspetti economici della vita delle persone e delle imprese, essendosi verificati dei veri tracolli come conseguenza del lockdown, a seguito del quale – è immaginabile – la povertà e i suicidi provocheranno molti più morti del virus.
Avvocato Alberto Rizzo
Cassazionista e Direttore Generale
Accademia Educazione Finanziaria
Il Dubbio , 21 ottobre 2020
IdeaWebTv , 24 ottobre 2020
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