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InformazioneVerso una nuova crisi di sistema?

25 Luglio 2022

Analisi delle posizioni tenute sui mercati finanziari dallo speculatore e dall’investitore, con riferimento al fattore “tempo” e agli asset di portafoglio

di Alberto Rizzo

Le differenze tra lo speculatore e l’investitore

Nelle definizioni di Wikipedia si legge: Speculatore: è colui che nella finanza effettua operazioni rischiose nel tentativo di ottenere un guadagno da fluttuazioni di mercato in tempi brevi.

Investitore: è colui che decide di investire il proprio capitale per trarne un profitto.

Gli investitori differiscono sostanzialmente dagli speculatori per la durata dei loro investimenti.

Gli investitori hanno un orizzonte temporale di medio lungo periodo nei loro investimenti, mentre gli speculatori cercano di prendere vantaggio dalla volatilità (oscillazione dei prezzi) di breve periodo.

Se queste sono le differenze, in linea di massima, dobbiamo fare alcune considerazioni.

Nessuno vieta di essere contemporaneamente investitore e speculatore.

Tuttavia, non bisogna compiere l’errore di guardare ai due comportamenti con gli stessi occhi.

La speculazione richiede una manutenzione ed un controllo pressoché continuo delle operazioni in essere, mentre l’investimento può contare su di un alleato che lo speculatore non possiede, ovvero il fattore tempo.

In quest’ultimo caso, infatti, le manutenzioni sono meno frequenti e mirano soprattutto al bilanciamento costante dei diversi asset di portafoglio.

Succede però, troppo frequentemente, che le due posizioni si sovrappongano generando un misto di confusione, ansia e paura all’investitore retail.

Se ci concentriamo sull’andamento degli indici giorno per giorno vivremo, infatti, un susseguirsi di emozioni (positive e negative) che potrebbero indurre a movimenti impulsivi e poco razionali.

Succede molto spesso di vedere i volumi in acquisto moltiplicarsi a dismisura nelle fasi di ascesa dei mercati; acquisti spinti dalla quotidiana salita dei prezzi, che potrebbe indurre a pensare che la stessa non possa arrestarsi (si pensi alla crescita dei titoli FAANG- Facebook Amazon – Apple-Netflix – Google, la cui salita dovuta ad acquisti esagerati ha portato gli stessi a quotare sopra ogni logica).

 

L’esempio di Tesla

Un esempio numerico legato ad un titolo azionario conosciuto riguarda Tesla.

Tesla è passata da una quotazione di 599 dollari – a giugno 2021 – ad una quotazione di dollari 1.229 – a novembre 2021 (+105% in 5 mesi) – ed oggi, a distanza di 7 mesi, quota 662 dollari (-46%) con tanta delusione di chi nella fase rialzista la acquistava oltre i 1.000 dollari.

E’ difficile immaginare che una qualunque attività economica (un’azienda o un negozio) possa avere tali oscillazioni di valore in assenza di speculazione.

Seguire le oscillazioni di Tesla giorno per giorno è tipico atteggiamento dello speculatore.

In ottica contraria, i volumi in vendita esplodono nelle fasi ribassiste dei mercati.

In questo caso è la paura, l’ansia di perdere tutto, che spinge a disfarsi anche in perdita di ciò che si era acquistato nei momenti di euforia. Invece è proprio questa la situazione in cui bisogna tornare ad essere fortemente investitori, differenziandosi dal puro speculatore.

Le vendite irrazionali, dettate dalla paura, colpiscono tutto, indiscriminatamente, non per necessità ma per il solo motivo di eliminare lo stress del calo, della perdita: lo stress del breve periodo.

Insomma, si vende per levarsi il problema.

 

Oscillazione e fattore “tempo”

Le necessità improvvise di denaro legate ad imprevisti più o meno gravi devono già essere preventivate nel momento in cui si dispone l’investimento.

Nelle varie asset dell’investimento ci saranno quindi parti che oscillano (allo scopo di sfruttare la crescita economica) e parti più stabili (per le esigenze quotidiane o improvvise).

Anzi le risorse liquide dovrebbero avere delle eccedenze che potrebbero essere impiegate nei momenti di crisi allorquando i prezzi delle attività diventano convenienti

Non esiste altro modo per difenderci dalle oscillazioni (sono e fanno parte del mercato) che allearsi col tempo.

Prima impareremo a gestire emozioni prima smetteremo di procurarci dei malesseri. Se ho una buona diversificazione dell’investimento il concetto di “breve”, di movimento giornaliero non deve interessare.

Se il mercato fosse piatto e non oscillasse come potrebbero generarsi i guadagni?

Ora poniamo la nostra attenzione sul fattore “tempo”.

Esaminando il movimento dello S&P 500 (indice americano) nel periodo della pandemia si può apprezzare un movimento davvero drammatico. L’indice scende dai 3.300 punti del gennaio 2020 ai 2300 punti del marzo 2020 (-30% circa in 2 mesi).  Naturalmente tutti gli altri indici hanno avuto movimenti analoghi.

Il recupero post pandemia porta lo S&P500 da 2.300 punti di marzo 2020 a 3.800 punti di dicembre 2020 (+65% in 9 mesi), ovvero 500 punti sopra il livello pre-pandemia.

E’ questo il fattore tempo.

 

Che cos’è una recessione?

La Treccani definisce recessione la fase del ciclo economico identificata da una riduzione del livello dell’economia aggregata, misurata dal PIL per almeno due trimestri consecutivi.

Sostanzialmente potremmo dire che trattasi di due trimestri consecutivi in cui il Prodotto Interno Lordo è negativo.

La teoria del ciclo economico suddivide lo stesso ciclo in 4 fasi: prosperità, recessione, depressione, ripresa.

La recessione periodica dei mercati è quindi un fattore fisiologico.

Le cause della recessione possono essere “endogene” (ad ogni fase espansiva segue una fase depressiva che riaprirà ad una nuova espansione) o “esogene” (fallimento Lehman, shock petrolifero, pandemia, attentati).

Le recessioni più importanti sono state: la crisi economica del 29, lo shock petrolifero del 1973, la crisi finanziaria Lehman Brothers del 2008 la crisi del debito sovrano del 2011, e la pandemia Covid 19 del 2020. A queste si aggiungono altre recessioni meno importanti, meno prolungate, meno profonde.

La recessione, per quanto fenomeno assolutamente negativo, tende a riportare in equilibrio la domanda e l’offerta di beni eliminando quegli eccessi che sono tipici delle fasi di crescita delle economie mondiali.

L’attuale possibile recessione affonda le sue radici nella pandemia Covid 19 del 2020. Il rallentamento economico vissuto nel 2020 ha prodotto i suoi effetti diminuendo la produzione di materie prime la cui richiesta è invece aumentata nel 2021 a fronte della diminuzione dell’incidenza della pandemia. Tale accresciuta domanda non poteva e tutt’ora non può essere soddisfatta.

A ciò si aggiunga l’inizio del conflitto Russia / Ucraina del febbraio di quest’anno.

Il tutto ha determinato un aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia (grazie anche alla speculazione), con riflessi sull’inflazione, che ha cominciato a salire oltre i limiti di guardia. L’obiettivo delle banche centrali si è focalizzato sull’inflazione e quindi le stesse hanno intrapreso una politica monetaria volta al rialzo dei tassi onde contenere la domanda in crescita.

Il rialzo dei tassi dovrebbe raffreddare la domanda e diminuire l’occupazione invertendo il movimento a rialzo dell’inflazione.

Anche un aumento dell’offerta e la cessazione del conflitto avrebbero una funzione positiva sui prezzi.

Quindi il rialzo dei tassi e il conseguente rallentamento economico potrebbero portare ad una recessione.

La recessione ripercuotendosi sulla crescita economica dovrebbe rallentare o invertire la marcia a rialzo dei prezzi.

Col tempo il rilancio dell’economia potrebbe avvenire attraverso una nuova riduzione dei tassi.

Già perché le banche centrali hanno sempre usato i tassi di riferimento per sollecitare o smorzare le crescite economiche. Niente di nuovo.

 

E allora perché essere spaventati?

La finanza comportamentale afferma che la paura di perdere denaro è quasi doppia rispetto al piacere del guadagno e che la perdita “potenziale” viene spesso percepita come effettiva.

Quindi il primo elemento da combattere è l’emotività.

L’emotività è la propensione degli individui a reagire in modo diverso, più o meno intenso, a situazioni spiacevoli o piacevoli.

L’emotività è soggettiva ed è insita nell’essere umano: eliminare l’emotività è impossibile e non sarebbe nemmeno giusto.

L’unica cosa è imparare a controllarla. Come si può combattere l’emotività? La sua antagonista per eccellenza è la razionalità.

Nell’ambito degli investimenti finanziari si rende necessario in momenti particolarmente difficili il confronto tra razionalità ed emotività.

Ora poiché il conflitto fra le due è atavico per svolgere il confronto dobbiamo andare a ricercare situazioni storiche analoghe, vederne le varie fasi evolutive e le conseguenze che si sono prodotte nel tempo. In sostanza se sto vivendo una brutta situazione economica con riflessi negativi sul mio patrimonio devo andare a ricercare nel tempo situazioni simili, riviverne le emozioni e vedere come si sono concluse le varie situazioni. Solo in questo modo posso acquisire una certa consapevolezza delle cose che stanno succedendo.

La memoria umana tende a cancellare gli episodi negativi, a rimuoverli, per proteggerci.

Solo riaprire mentalmente quelle scatole ci darà concretezza e razionalità per valutare l’attuale momento.

Il secondo elemento fondamentale a cui porre attenzione sono le informazioni che riceviamo.

I confronti con le persone amiche, le chiacchiere da bar non devono avere alcun peso viste le innumerevoli possibilità di investimenti presenti nel mondo; il rischio che si corre è quello di raffrontare situazioni disomogenee (si pensi oggi al confronto fra una persona che avesse investito in bond russi o ucraini con chi possiede bond USA, europei, cinesi). Sempre di obbligazioni si parla ma con prospettive diverse che non si possono certo equiparare tra loro).

Ognuno di noi in base al proprio carattere e alle proprie esperienze sostiene elementi personali, sensazioni che per quanto autoritarie sono estremamente limitate e soggettive rispetto a una visione globale di quanto succede.

Oltre a questa esiste una informazione più abbietta e interessata, quella dei social e dei media. In questo caso, molto spesso, l’informazione non è oggettiva, ma viene arricchita da interpretazioni soggettive, deduzioni personali allo scopo di rendere la notizia più interessante, più accattivante e di catturare conseguentemente un maggior interesse (spinto spesso da timori o paure) finalizzato all’audience o a consensi di parte.

Esiste poi una informazione professionale fatta da economisti e personaggi di spicco, ma anche qui la storia insegna qualcosa.

Nel 2007 Joseph Cohen, capo strategist di Goldman Sachs, scrisse che l’indice S&P500 sarebbe salito del 14%, per arrivare a 1.675 punti entro la fine del 2008: la crisi di Lehman lo fece scendere a 900 punti.

Nel 2017 George Soros speculò dicendo che il mercato sarebbe crollato a seguito dell’elezione di Trumph come presidente degli Stati Uniti: il mercato non crollò e Soros perse un miliardo di dollari.

 

Un mestiere difficile: fare previsioni vuol dire conoscere il futuro

I due elementi, emotività ed informazione scorretta spesso si alimentano l’un l’altro in un processo di sviluppo autodistruttivo finché per una questione di intolleranza l’investitore cede e vende.

Riconsiderare gli orizzonti temporali nella dimensione corretta, seguire una giusta diversificazione, ribilanciare periodicamente i portafogli per il controllo del rischio e mantenere razionalità nelle analisi delle situazioni economiche e dell’informazione sono componenti che un investitore non deve scordare, soprattutto durante le crisi.

 

I recuperi

I numeri storici ci dicono che il tempo medio di recupero di un mercato ribassista è di circa 1 anno e mezzo (ad esclusione di quello della crisi del 1929.)

Metà dei drawdown (crolli) sono stati recuperati in meno di un anno.

Ora se partiamo dall’assunto che i mercati entro tempi più o meno ampi recuperano i cali cosa possiamo fare oltre che per non subire, per approfittare dei crolli e cercare di trarne vantaggio.

Abbiamo sottolineato in precedenza che un buon investimento, pur nel rispetto delle percentuali soggettive dell’investitore, deve contenere quattro comparti di riferimento:

– il brevissimo periodo – liquidità di conti o depositi;

– il breve periodo – comparti obbligazionari a breve durata (short duration) e facilmente liquidabili;

– il medio periodo – obbligazioni a duration più lunga;

– il lungo periodo – investimenti nell’economia reale quali le azioni.

Seppure nel rispetto delle diverse percentuali dei suddetti comparti, diverse da investitore ad investitore, se in una particolare situazione di discesa dei mercati ci si ritrova con della liquidità di brevissimo o breve periodo che eccede le misure della tranquillità personale, si può pensare, alla luce di quanto sopra detto (prezzi diminuiti) di rinforzare con nuovi acquisti i comparti di medio e lungo periodo. In questo modo si otterrà di guadagnare tempo sui recuperi e di aumentare i profitti.

Per gli investimenti di entità minore assumono particolare importanza i PAC (piani di accumulazione) che delegano ad un automatismo acquisti periodici, superando le componenti emotive.

 

Un esempio

Supponiamo di avere acquistato l’indice americano S&P500 al valore di 4,800 punti (massimo toccato nel 2021) e di avere investito 10.000,00 euro.

In questo avremmo ottenuto (10.000: 4800) 2,083 quote di quel mercato.

Considerando il valore attuale (crisi) dello S&P500 di 3,800 punti il nostro investimento avrebbe ad oggi una valore di euro 7.915 denunciando un calo del 21% circa e la necessità per ritornare agli originali 10.000 euro di una crescita dell’indice del 27% circa (7915 + 27% di 7.915 = 10.052).

Se però mi trovassi nella condizione di potere recuperare dal brevissimo o dal breve termine altri 10.000 euro (o li avessi programmati come eccedenza) un nuovo acquisto dell’indice a 3.800 punti ci permetterebbe di ottenere (10.000; 3800) altre 2,631 quote.

Avremmo in tale caso investito in tutto 20.000 euro (10.000+10.000) per ottenere 4.714 quote (2,631+2,083) e il nostro prezzo medio di acquisto dell’indice sarebbe di 4.242 punti

(20.000 : 4,714).

In tale caso per recuperare il capitale di 20.000 euro occorrerebbe un rialzo del 12% (anziché del 27 %) e, qualora l’indice tornasse a livello iniziale (4,800 punti), anziché un pareggio si otterrebbe un guadagno del 13% pari a euro 2,627 euro.

Chiaramente il tutto con il contributo dell’alleato tempo.

Ricordiamo che i numeri storici ci dicono che il tempo medio di recupero di un mercato ribassista è di circa un anno e mezzo.

 

Nessun problema è eterno

In 40 anni di economia abbiamo vissuto una vastità di recessioni, guerre, attentati, elezioni, epidemie, aumenti dei prezzi, inflazione, rialzi e ribassi dei tassi, eppure tutto è andato avanti nella logica della crescita economica (mondiale), e del profitto, che ha sempre animato ribassi e rialzi dei mercati.

Ora facciamo qualche considerazione sul comparto obbligazionario.

Attualmente i fondi obbligazionari denunciano cali (a seconda della tipologia) dal 4 al 10 per cento. Ad eccezione dell’obbligazionario cinese governativo (escluso high yield e corporate) che mantiene rendimenti positivi tutti gli altri settori (comprese le duration corte) stanno registrando un calo dei corsi obbligazionari.

Considerando la relazione che esiste fra i tassi di rendimento e i prezzi/corsi delle obbligazioni (se i tassi salgono scendono i corsi e viceversa), si può affermare che allo stato attuale la diminuzione dei corsi rifletta lo scenario peggiore a livello inflazionistico con conseguenti rialzi dei tassi all’estremo.

Un esempio tra tutti: il BTP 1/8/29 è passato da un rendimento dello 0,66% (31/12/2021) al 2,96% attuale. Nel contempo il prezzo è sceso da 116 a 97,85.

In verità bisogna sottolineare che questi movimenti (negativi nel breve) assumono rilevanza positiva nel tempo.

In effetti i fondi obbligazionari mano a mano che le obbligazioni presenti al loro interno andranno a scadenza potranno rimpiazzarle con obbligazioni con tassi più remunerativi. Inoltre l’aumento dei tassi comincia a rendere appetibile diverse asset class abbandonate (governativi) e gli acquisti potrebbero ripresentarsi influenzando i prezzi a rialzo (si pensi al treasury decennale, passato da un rendimento 1,50% del 31/12 al 3,13% del 6/5/22 e oggi al 3,30%).

Una probabile evoluzione della situazione attuale potrebbe essere che a fronte del tentativo di rallentare l’economia da parte delle banche centrali si manifesti una fase di recessione con conseguente diminuzione dell’inflazione.

Successivamente, col tempo, una nuova ripresa verrebbe agevolata con nuovi ribassi dei tassi e questo porterebbe i corsi obbligazionari a risalire anche prima delle scadenze naturali delle obbligazioni.

In buona sostanza, anche per i mercati obbligazionari, valgono le medesime considerazioni sviluppate per i mercati azionari.

 

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